Fock, romanzo filosofobiograficopolitico

“Padre mio, sia fatta la tua volontà, ma un fulmine a sti stronzi no?” Andava camminando per il deserto per quaranta notti e due giorni (erano tempi processualmente, meteorologicamente e divinamente strani)
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Arrivò finalmente nel luogo in cui erano gli undici, uno si era ormai stancato di aspettare e uscì immemori tempi addietro, bestemmiando il Suo nome (com’erano abituati a fare, scherzandolo). Aprì la porta, e trovò i suoi fedeli seduti, stesi e in piedi sui tavoli, ubriachi e mezzi ignudi a ballare e cantar canzonacce tipico-romane. Richiamò la loro attenzione delicatamente, sventrando il pavimento con lingue di fuoco, tanto per ricordare loro il triste destino cui erano segnati; esterrefatti, ma anche fatti e strafatti, i seguaci stupiti e stupidi esultarono al ritorno della loro guida

Nella sua bontà, Egli disse con il savoir faire di un vero Signore, ovvero gridando più forte: “Tommaso, mio caro e fedele discepolo, vieni qui e tocca con dito”. Il Noribio da Cerbona Capodavvia (quella su per intenderci) aprì gli occhi pieni di lacrime, colmo di fede e compassione, e si cosparse di olio, sale e insalata. “Tommaso, mio caro e fedele discepolo, che cazzo fai di grazia?”, si pronunciò egli nella sua bontà infinita; “M’hai detto di toccare condito, mi sto condendo”. Nella sua bontà ancor più infinita dell’universo Einsteiniano, pregò: “Il signore padre mio abbia pietà infinita della tua anima”, e lo fulminò con indifferenza. “Mannagg’ ‘a mamma”, disse, che in antica lingua divina significava, tradotto accuratamente “mannagg’ ‘aa madonn’ ”; si rivolse poi agli ormai dieci, speranzoso di trovare ancora qualcuno sano di cervella, ma questi erano intenti nel gioco della bottiglia (di vino, chiaramente), con uno scatenato Iscariota sempre intenzionato a baciare chiunque gli capitasse a tiro.

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L’Esimio Stimatissimo, che negli ultimi undici minuti e mezzo aveva preferito pensare ad altro piuttosto che ascoltare il collega scrittore, prediligendo dilettarsi in un solitario con ventisette tipi di mazzi differenti, da quello cinese a quello nordestlappone passando poi per un banalissimo e scontato mazzo di carte del confine tra Cile-Perù-Normandia (ormai in vendita in qualunque negozio di scarpe), cucinando una deliziosa torta con base di pan di francia e bromuro da servire poi al Bendritti,...

“No grazie, vada via el cul che ho daffare”, sguinzagliando i suoi due segugi da caccia, perché cacciavano via la gente, uno schnauzer gigante nero che rispondeva al nome di Lanfranco Battista de Cameronati Albertassi (di lignaggio purissimo, pare discendesse direttamente dal Fido del Führer, Astoldaffio Shmitz) e un mastino napoletano, ma da vent’anni trapiantato nel nord Italia, tale Ciro Scapece da Pozzuoli Ammare, paese d’amare, a mare.